Le Gole di Fara San Martino caratterizzano la Riserva naturale Fara San Martino Palombaro, area naturale protetta dell’Abruzzo istituita nel 1983 che occupa una superficie di 4.202 ettari all’interno del Parco Nazionale della Majella. Le Gole sono una sorta di forra formata dall’erosione del torrente Verde: il vallone è lungo 14 km su un dislivello di ben 2400 m, che scende dalla sommità della Majella fin sotto al paese, ed è suddiviso in tre parti: la prima detta Vallone di Santo Spirito, nome dall’omonima grotta; la seconda la zona detta Macchia Lunga; la terza detta Valle Cannella, terminante in un circo di formazione glaciale pieno di doline ed inghiottitoi. Nello spettacolare scenario della selvaggia serpeggiante Valle di Santo Spirito bagnata dal fiume Verde, il borgo di Fara San Martino si venne formando attorno all’antico monastero benedettino di San Martino in Valle, fondato nel 1044, di cui si possono riconoscere esigui resti riferibili ad una fase duecentesca in fondo al suggestivo vallone. L’abbazia di San Martino in Valle era un’abbazia benedettina i resti della quale sono attualmente raggiungibili dopo aver attraversato le Gole. Le prime fonti storiche sulla Chiesa posta all’interno del Castello di Rocca S. Martino risalgono al 829 che la elencano tra i possedimenti del monastero di Santo Stefano in Lucania di Tornareccio, al quale era stato donato da Pipino il Breve. L’abbandono definitivo del monastero avvenne l’8 settembre 1818 a causa di un’alluvione che la ricoprì di detriti. I primi scavi per il suo recupero avvennero nel 1891, ma solo con quelli del 2009 i resti della struttura sono stati riportati interamente alla luce.
I resti dell’abbazia mostrano un cancello verso un cortile interno delimitato da un portico a tre arcate, sul lato nord del quale si trova un campanile a vela. L’interno della chiesa doveva essere su tre navate con una pavimentazione a lastre di pietra. Un muro a tre arcate separa la navata centrale da quella settentrionale, da dove di accede a quello che doveva essere il nucleo iniziale della chiesa, scavato nella roccia, che fa ipotizzare la nascita del luogo di culto come eremo.